L'Argomedonte: Capitolo II
L’ARGOMEDONTE
II.
Il giorno dopo, invece di tenere la programmata lezione di filogenesi cominciò a sproloquiare davanti ai volti esterrefatti e allibiti degli studenti di anfibi misteriosi e di ancor più misteriosi scienziati, avanzando l’idea che sarebbe potuto esistere, forse ancora in vita, un rettile o un anfibio di grandi dimensioni mai individuato e mai studiato.
Da quel giorno cominciò a girare con il libro di Cianus sempre sotto il braccio, sventolandolo sotto il naso dei colleghi che passarono ben presto dalla sorpresa, a un blando interesse, all’indulgenza e alla commiserazione, financo allo scherno.
Le fiaschette
di Lagavulin duravano sempre meno e ormai il prof. De Ascentis, diventato ormai
per tutti “Mauro il brontosauro”, era diventato una macchietta che si aggirava
per l’Ateneo traballando, gesticolando e farneticando, mentre i colleghi e gli
studenti al suo passaggio si davano di gomito e mimavano il gesto del bere.
Ormai non
studiava più nulla che non avesse una seppur vaga connessione con il suo
animale fantastico e le sue lezioni sempre più stralunate andavano sempre più
deserte. Gli studenti più giovani ci andavano più che altro per vedere di
persona il famoso luminare che per ascoltare i suoi vaneggiamenti ormai noti a
tutti.
Solo una
persona gli rimaneva ancora vicino, la sua assistente Valeria Baldi, brillante
studiosa di paleontologia sistematica, sua allieva prediletta e a lui vicina
non solo per motivi professionali ma anche di stima e di riconoscenza.
La dottoressa
Baldi era la figlia di Alberto Baldi, stimato Ministro dell’Ambiente e tra i
più accreditati candidati a diventare il futuro Presidente del Consiglio, visto
che l’attuale governo stava vacillando sempre di più.
La dottoressa lo seguiva e aiutava in tutto, dal digitare pazientemente sul computer, col quale il professore non aveva nessuna dimestichezza, le sue teorie e ipotesi sempre più strampalate, al riempirgli sempre più spesso la fiaschetta di Lagavulin.
De Ascentis
decise che doveva andare a fondo della questione, e in poco tempo raffazzonò
una relazione di una cinquantina di pagine da presentare al Senato Accademico
per ottenere un finanziamento per una spedizione in Artide alla ricerca
dell’Argomedonte. Con la sua cultura, la sua memoria e la sua erudizione non
gli fu difficile raccogliere dati e informazioni per confezionare quel
documento pseudoscientifico che però non era assolutamente credibile e, in
alcuni passaggi, sfiorava addirittura il ridicolo.
Armato di
quello scartafaccio, che la dottoressa Baldi aveva diligentemente confezionato
per dargli almeno un aspetto esteticamente decente, si presentò un mattino,
elegante e perfettamente sobrio, alla riunione del Senato Accademico ed espose
il suo saggio davanti agli sguardi imbarazzati dei membri del consesso.
Alla fine
dell’esposizione il Rettore ringraziò il professore e il Senato si riunì per
deliberare.
Una volta
uscito De Ascentis, i professori alzarono gli occhi al cielo scrollando la
testa. Il documento presentato ovviamente non fu nemmeno preso in
considerazione e la discussione iniziò stancamente. Si formarono subito due
correnti di pensiero. La prima, sostenuta soprattutto dai professori più
giovani e intransigenti, sosteneva che non era possibile screditare l’Ateneo
finanziando con denaro pubblico una tale corbelleria: si sarebbe diventati lo
zimbello del mondo accademico internazionale.
Ma altri
docenti, i più anziani e in particolare il Rettore stesso, ritenevano che
rifiutare un finanziamento al prof. De Ascentis per una ricerca avrebbe avuto
un’enorme eco a livello mondiale e avrebbe suscitato dubbi e curiosità nei
confronti dell’Università, sollevando ogni sorta di malignità. Inoltre, tutto
sommato, l’Ateneo doveva molto in termini di prestigio e di fama internazionale
al professore e negargli il finanziamento sarebbe stato per lui uno sgarbo
insopportabile e un po’ di riconoscenza gli sarebbe stata dovuta, anche
rischiando le critiche.
Alla fine, anche grazie alle pressioni del Rettore, prevalse la seconda tesi e il finanziamento fu, di malavoglia, accordato.
2. Continua
…
Vedi anche:
Capitolo I Capitolo III Capitolo IV Capitolo V Capitolo VI Capitolo VII
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