Notte di Natale
Notte di Natale
D’improvviso sei sveglio. Gli
occhi spalancati nel buio dopo un sonno inquieto. In bocca ancora il sapore del
caffelatte della cena: così da sempre, mentre tu speravi, almeno la sera di
Natale, in una bella minestra calda con la pasta tempestina…
Nel naso l’odore pungente di
canfora del Vicks Vaporub che la mamma ti ha spalmato sul petto per prevenire
la tosse, mentre tu avresti preferito di gran lunga la tosse a quell’unguento
puzzolente.
È buio pesto. Fa freddo: la
nostra casa non ha i termosifoni. In cucina c’è una stufa a legna e in
soggiorno un vecchio e rumorosissimo bruciatore a nafta, di quella nera e
viscida e dall’odore acre. Il “tamburnon”, il mostro verde e nero è
pietosamente nascosto da un misero paravento di stoffa. Noi bambini dobbiamo
stargli alla larga: urla come le fiamme dell’inferno, è rovente e sporco: per
quanto lo si pulisca è sempre segnato da strisce di nafta nera, ma svolge al
meglio il suo compito, riscaldando a sufficienza la stanza, ma le camere da
letto e il bagno no: quelli sono gelidi, e andare a fare la pipì la notte è
un’impresa da esploratore artico: devi tenerla il più possibile per evitare la
fredda sortita.
Ti guardi intorno (ma cosa guardi
che tanto non si vede nulla?). Che ore saranno? Che sia il momento di andare in
salotto a vedere? Timidamente chiami tua sorella più grande che dorme nel letto
accanto al tuo: - Andiamo? E se poi è troppo presto e Lui non è ancora passato?
O peggio, se lo sorprendessimo mentre sta ancora depositando i regali sotto
l’albero? Sarebbe una catastrofe! E se quest’anno non passasse affatto perché
siamo stati cattivi? Beh, ma almeno il carbone ce lo dovrebbe portare! Discutiamo
con voci sommesse della cosa, attenti a non disturbarlo, se casomai fosse di
là. Provo a riprendere sonno, rigirandomi nel letto e ficcando il naso sotto le
coperte, ma non c’è verso: sono troppo eccitato. Scruto le fessure dei balconi
chiusi sperando di intravedere un filo di luce che mi dia la garanzia che ormai
è mattino e che Lui se ne è già andato, ma niente.
Finalmente prendo tutto il mio
coraggio di bambino (i bambini hanno un coraggio da leone) e con voce esile
chiamo: “Mamma!?”. Dalla camera dei nostri genitori si sente un fruscio di
lenzuola. Il russare sordo di mio padre non si interrompe. Chiamo con voce più
ferma:
- Mamma!
- Sì?
- Che ore sono?
- È presto. Dormite.
- Non possiamo andare di là?
- No. È presto ancora.
Tutti i genitori si divertono a
mettere in scena questa piccola commedia sadica, tenendo i propri figli sulla
corda per un po' prima di lasciarli sciamare per la casa.
Sbuffo, mi giro verso mia sorella e le
bisbiglio:
- Andiamo lo stesso?
Lei è più vecchia e più saggia di me:
- Aspettiamo ancora un po’.
Non mi arrendo:
- Papà, possiamo andare?
In genere i papà sono più
accondiscendenti.
Finalmente il russare calmo di mio
padre cessa e la sua voce profonda e autorevole rompe il silenzio: - Potete
andare.
Salto giù dal letto. Il pavimento di
marmo è gelido ma i miei piedi sono inguainati nelle babbucce che mia mamma ha
fatto con i ferri da calza con i resti dei gomitoli di lana utilizzati per
confezionare i maglioni per l’inverno. Sono molto più veloce di mia sorella. Mi
scappa tremendamente la pipì ma ora non c’è tempo: bisogna volare in salotto.
Piombo sull’ingresso della stanza
scivolando sui miei calzari di lana, tremante per il freddo. Sto per accendere
la luce ma di colpo mi fermo esitante. E se davvero non fosse passato? Se
quest’anno fossi stato più cattivo degli anni scorsi? Scruto nel buio e
intravedo la sagoma dell’albero di Natale, indovino il lieve bagliore delle
palline di vetro colorato. Lentamente abbasso timoroso lo sguardo per indovinare
se ci sia qualcosa sotto l’albero, ma non riesco a vedere nulla.
Arriva mia sorella (lei la pipì l’ha
fatta) e mi incita: - Dai accendi!
Il grande momento è giunto. Chiudo gli
occhi, trattengo il respiro e premo l’interruttore della luce…
I pacchi sono là sotto l’albero, come
tutti gli anni. Ci precipitiamo a scartarli mentre sopraggiungono i nostri
genitori a godersi lo spettacolo. Con la coda dell’occhio osservo due piccoli
pezzi di carbone in un angolo: proprio buono buono buono non sono stato.
Guardo il giocattolo che emerge dalla
carta colorata del pacco. È proprio quello che volevo, ma come fa Babbo Natale
ad azzeccarci sempre? Anche mia sorella è soddisfatta e i nostri genitori ci
stanno mangiando con gli occhi.
Comincio a socializzare con il nuovo
gioco: è colorato e luccicante ma io sono ancora maldestro nel maneggiarlo, non
lo sento ancora mio, devo farci prima amicizia.
Ma mentre armeggio attorno a lui ecco
che si insinua in me un sottile disagio. È che questo bellissimo oggetto è
entrato finalmente nella mia vita, ma è uscito definitivamente dai mei sogni. È
finita bruscamente quell’attesa intensa e bellissima che mi aveva accompagnato
negli ultimi giorni. Ora non ho più nulla da sognare, nulla da aspettare. Il
gioco è qui, a mia completa disposizione, mia mamma già si sta raccomandando:
attento a non romperlo, quando hai finito di giocare rimettilo nella sua
scatola, non prestarlo ai tuoi amici che poi lo rompono …
Il giocattolo è bellissimo ma io, cosa
sognerò stanotte? Quale meraviglia attenderò con la mia trepidazione di
bambino? Da cosa mi farò dolcemente sorprendere? Fra qualche giorno il mio gioco
si scrollerà di dosso le ultime paillettes della novità e andrà ad accatastarsi
nel mucchio degli altri giocattoli. Io dovrò ricominciare lentamente a riempire
con fatica la mia stanza dei sogni ormai vuota mentre là in fondo mi attende,
severa, l’età adulta.
Per favore, quando scrivi un commento, se puoi lascia il tuo nome o anche un nickname. Grazie
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C'era una volta..... il Natale di quando ero bambino.
RispondiEliminaQuanta poesie e quanta nostalgia.
Grazie caro Roberto.
Grazie chiunque tu sia
EliminaQuesto racconto è un vero gioiellino di scrittura, ti immerge nella magica atmosfera del Natale di un tempo e nel mondo dei sogni dell'infanzia.
RispondiEliminaAutenticamente commovente.
Grazie chiunque tu sia
EliminaBellissimo!!! Quanti ricordi. Grazie Riberto
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