Il Progetto
Il
progetto
“Perché noi
abbiamo già messo a punto con la nostra nativity coach un completo e
accurato progetto genitoriale per nostro figlio”.
Sentendo queste
parole, Rufus Caligola Falco fece un salto nella placenta, provocando una forte
risacca del liquido amniotico avvertita, con una certa preoccupazione, anche
dalla sua futura mamma, Nicole Naldini, brand-fashion influencer da 2,7m di
followers che, assieme al compagno food-design blogger Brando Spellanzani, stava
concedendo un’intervista a un noto sito di gossip sulla nascita del loro futuro
figlio.
Rufus tese le sue
piccole orecchie appena formate che, seppur non ancora dotate di microcuffie
bluetooth, funzionavano piuttosto bene, riportandogli le parole della mamma,
anche se con un tono un po’ cavernoso, dovuto al rimbombo dell’ambiente umido
in cui si trovava.
“Il nostro
progetto genitoriale per Rufus prevede, in concomitanza con la gravidanza e la
preparazione del parto, un attento monitoraggio dei ritmi della vita e del
corpo della mamma, cioè io, vero àmo?... nel pre e nel post parto; un’attenta
programmazione dello sviluppo neuropsicologico del bambino anche attraverso una
rivalutazione della paternità all’interno della famiglia, grazie a un approccio
smart, per poter giungere a una corretta gestione del neonato, con uno scambio
di attenzioni tra tutti gli elementi costitutivi della famiglia, imparando e
valorizzando i diversi linguaggi psico-corporei con appositi strumenti dedicati
e innovativi e un’educazione a un approccio naturale e sostenibile alla
crescita. Del resto, sa, mia bisnonna era mondina e mi pare evidente che questo
fosse uno skill particolarmente green che, nonostante non abbia mai capito bene
che lavoro fosse, mi hanno assicurato che comportava un approccio nei confronti
della natura molto country-field based”.
Rufus si guardò
attorno sgomento: in realtà non vedeva praticamente nulla: i suoi occhietti non
erano ancora formati e, anche se avesse visto qualcosa, non avrebbe capito cosa
fosse.
Tuttavia, il
disagio e la preoccupazione lo stavano attanagliando. Già aveva dovuto sorbirsi
quel gender reveal party durante il quale i suoi futuri genitori avevano
annunciato davanti a milleottocento invitati e centinaia di migliaia di collegamenti
in streaming, oltre al sesso, anche il nome del nascituro: Rufus
Caligola Falco, appunto. Già si immaginava le prese per i fondelli dei compagni
di scuola dotati di nomi abbastanza normali. A lui sarebbe tanto piaciuto
chiamarsi Ivano, come il nonno, che a occhio gli sembrava il più simpatico
della famiglia, se non altro per quel profumo di tabacco e alcool che sentiva
quando si avvicinava alla pancia della mamma che gli urlava: spegni quella
sigaretta! Era molto divertente.
Si era consolato
col fatto che aveva colto che, se fosse nato femmina, si sarebbe chiamato
Selvaggia Barbie Taylor, e sarebbe stato anche peggio.
Adesso si stava
rendendo conto che, tecnicamente, non sarebbe stato un bambino, ma un “progetto
genitoriale” e che sarebbe stato coinvolto in tutte quelle che cose strane che
la mamma aveva elencato.
Riguardo alla
trisnonna mondina, Rufus sperava che si trattasse comunque di uno skill non
ereditario e che quindi non avrebbe contratto quella oscura e subdola malattia.
“Okkey, va bene
tutto, bene il progetto genitoriale, qualunque cosa esso sia. Ma io, dico, quando
giocherò, quando mi arrampicherò sugli alberi, quando ruberò le ciliegie,
quando mi scazzotterò con i miei compagni, quando marinerò la scuola, quando
sbircerò di nascosto le pagine della biancheria intima del catalogo Postal
Market, quando tirerò le trecce a Vanessa prima di cominciare a mandarle
bigliettini d’amore sotto il banco? Progetto genitoriale ci sarà tua sorella!
Io sono un bambino!”
Nel frattempo,
Nicole snocciolava con voce garrula tutto ciò che il progetto genitoriale
prevedeva in termini di scuola, percorso educativo, attività extrascolastiche,
frequentazioni abituali, vacanze godute e da godere, stages residenziali,
percorsi di eccellenza, sport, arte e, se fosse rimasto tempo, letteratura.
Il piccolo era già
stato sapientemente e accuratamente sponsorizzato e brandizzato dai pannolini,
alle pappe, alle tutine, su su fino al primo hoverboard.
Brando annuiva
sorridente, già immaginando gli incassi per la zuppa destrutturata di cipolle
di Tropea su riduzione di tamarindo del Sinai che avrebbe proposto sul suo blog
per celebrare la nascita del figlio: la “Caligula soup”, acquistabile grazie a
una convenzione con Glovo a 34,99 euro + spese di consegna.
L’esclusiva del
parto era stata venduta a un noto settimanale nazionale con opzioni per il
battesimo, la prima comunione, il primo flirt e, se si fosse presentato il
caso, l’eventuale divorzio dei genitori. Un bonus era previsto in caso di
bullizzazione del piccolo da parte dei futuri compagni di scuola o, meglio
ancora, degli insegnanti.
Rufus viveva quei
giorni di attesa con un’ansia crescente, alternando profonde dormite a calci frenetici,
ma i genitori e il loro entourage interpretavano quelle sfuriate come i primi
segnali di un ragazzo dal futuro vincente.
I pensieri si
accalcavano nel suo giovanissimo cervello, intasandosi nella fontanella ancora
ampia e accogliente: cosa avrebbe trovato là fuori? Che accoglienza gli stavano
riservando?
Finalmente il gran
giorno arrivò. A Nicole si ruppero le acque e i giornalisti e operatori
accampati fuori dalla stanza della clinica svizzera dove era ricoverata si
avventarono all’interno con tutte le loro attrezzature, in un caos di
videocamere, registratori audio, modem, antenne, microfoni, macchine
fotografiche, casse acustiche, autotunes e campionatori: niente doveva andare
perso.
Rufus sentì il
liquido intorno a lui agitarsi con uno sciabordio sinistro e, spaventato, si
volse all’indietro. Ed ecco che, in fondo in fondo, vide la trisnonna contadina
che teneva per mano il piccolo Ivano ancora bambino: incrociò per pochi attimi
il suo sguardo buono e triste mentre lei con la mano lo incoraggiava
nascondendo le lacrime: coraggio piccolo, vai, vai!
Rufus allungò la
sua manina verso di lei in un ultimo disperato tentativo di resistenza, finché
il liquido caldo e impetuoso lo trascinò via, fuori, verso la luce accecante
dei flash.
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Coinvolgente, molto attuale, letto tutto d'un fiato. Povero bambino! Dovresti inviarlo a Fedez e Ferragni. Visto le mamme che girano parlando al cellulare in una mano e con l'altra spingono il passeggino a rischio di investimento e bambini che, in passeggino guardano il cellulare così le mamme possono guardare i negozi, manca poco al cellulare nell' utero come nella foto che hai messo. Grazie
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